Pomodoro

Origine e diffusione

Il pomodoro è una pianta che, pur essendo originaria, dell'America meridionale, si è ben acclimatata nell'area mediterranea.

In Italia le aree di maggior sviluppo della coltura sono quelle del Meridione.

Il freddo è il fattore limitante la coltivazione del pomodoro.

La temperatura minima per la germinazione è 12 °C, con optimum a 20-26 °C.

La minima letale è 0-2 °C, mentre la minima biologica è di 10°C (zero di vegetazione). I valori termici ottimali sono 25 °C durante il giorno e 13-14 °C di notte.

Temperature sopra i 32 °C causano scarsa allegagione, decolorazioni ed ustioni alle bacche.

L'induzione alla fioritura sembra legata ad una temperatura di 10-15 °C, della durata di circa due settimane dopo la formazione dei cotiledoni.

La temperatura minima per la fioritura è 21°C, mentre quella di maturazione delle bacche è 23°C.

 

Esigenze pedoclimatiche

Nei riguardi del terreno non è una pianta molto esigente.

Come molte altre colture, esso trova condizioni migliori nei terreni di medio impasto, con buona struttura, profondi e freschi.

Per il pomodoro la reazione ottimale del terreno sarebbe quella sub-acida o neutra, con pH non inferiore a 6.

Abbondanza di calcio non ha effetto dannoso sulla vegetazione ma favorisce una buona fruttificazione evitando, insieme ad una buona dotazione idrica del terreno, l'accentuarsi di fenomeni di marciume apicale.

Valori elevati di cloro e bassi di boro possono creare problemi alla coltura.

Questa specie è moderatamente sensibile alla salinità (2,5 dS m-1 dell'acqua irrigua).

 

Caratteristiche botaniche

Il pomodoro è una pianta tendenzialmente perennante che, tuttavia, si comporta da pianta annuale negli ambienti che presentano temperature assai variabili durante il corso dell’anno.

La radice della pianta è fittonante e presenta un’ampia rete di radici laterali; il 70 per cento dell’apparato radicale si trova nei primi 30 cm di terreno.

In origine, il portamento della pianta era assai espanso e strisciante; successivamente, numerosi interventi di miglioramento genetico, l’hanno reso più raccolto e quasi eretto.

Lo stelo presenta una fitta peluria e, in alcune cultivar, presenta un accrescimento definito (autopotanti), mentre in altre l’accrescimento rimane indefinito. In ogni caso, nelle cultivar da mensa, l’accrescimento in altezza è tale da comportare il ricorso a sostegni.

Le foglie sono alterne, grandi, lunghe fino a 20-30 cm, pennatosette, ricoperte da peluria e se strofinate emettono un caratteristico odore.

Le infiorescenze sono a grappolo oppure a cima semplice o composta; i fiori, singoli, sono portati da peduncoli articolati che possono essere o meno articolati.

Il frutto è una bacca che, a maturità, è di colore rosso di diversa tonalità; in qualche vecchia cultivar, presenta un colore giallo. La colorazione rossa è dovuta alla presenza di licopene, mentre quella gialla a quella di ß-carotene; entrambe queste sostanze si formano per trasformazione della clorofilla. A temperature superiori ai 30°C, il ß-carotene continua a formarsi, mentre la sintesi del licopene si blocca e questo conferisce ai frutti colore giallastro.

I pomodori da mensa possono presentare, più frequentemente che quelli da industria, delle anomalie di colore; queste sono determinate dalla presenza di un’area prima verde (clorofilla) e poi giallastra (ß-carotene) intorno alla zona. pedicellare.

Il seme è discoidale, schiacciato, ruvido, per la presenza di un tegumento ricco di peli.

In generale, nelle cultivar da mensa i frutti possiedono una elevata scalarità di maturazione, caratteristica che invece è indesiderata nelle cultivar di pomodoro da industria.

 

Coltivazione

Il pomodoro è considerato una coltura da rinnovo e, quindi, può aprire la rotazione.

Richiede una preparazione accurata del letto di impianto per cui sarebbe opportuno che venga preceduto da una coltura da raccogliere nell’estate precedente e che liberi il terreno in tempo per una tempestiva preparazione dello stesso.

Le altre operazioni e tecniche colturali alle quali è sottoposto, come la sarchiatura e la pacciamatura lasciano il terreno adeguatamente strutturato oltre che ben rinettato per le colture che lo succedono (es.: finocchio, cicoria, lattuga, frumento).

Essendo il pomodoro una coltura primaverile-estiva, risente molto, specie nelle aree meridionali, delle elevate temperature che si verificano in questo periodo e, quindi, dell’elevata richiesta evapotraspirativa da parte dell’ambiente. Pertanto, la gestione delle risorse idriche, rappresenta per la coltivazione del pomodoro uno dei punti chiave sui quali si deve incentrare l’attenzione dell’operatore.


Rotazione
Si può considerare una pianta da rinnovo e, pertanto, può aprire la rotazione. Richiede lavorazioni del terreno particolarmente accurate per cui si avvantaggia molto delle letamazioni ed è una coltura che si può sarchiare o pacciamare. Pertanto, alle colture in successione, lascia il terreno ben strutturato, anche negli strati più profondi, con una buna dotazione di fertilità e rinettato in maniera ottimale.

Per esempio, inserendo nella rotazione un cereale, si potrà effettuare la semina di questo su terreno lavorato molto superficialmente e dotato di una bassa infestazione di flora spontanea.

Tale pratica, nella coltivazione biologica del pomodoro, è basilare e si ripercuote non solo sulla coltura stessa ma anche sull’equilibrio di tutto l’agro-ecosistema del campo. Le rotazioni dovranno essere programmate in base alle potenzialità del terreno in modo da evitare soprattutto lavorazioni intempestive con relativo danneggiamento della struttura del terreno.

Tale peggioramento comporta effetti negativi sulle proprietà fisiche ed idrogeologiche del terreno (ritenzione dell’acqua, permeabilità, velocità di infiltrazione dell’acqua e così via) e facilitano la formazione della crosta superficiale.

Il pomodoro risente notevolmente di questi fattori che si ripercuotono sulla crescita e sullo sviluppo della pianta e quindi sulla resistenza intrinseca della pianta alle patologie e alle fisiopatie.

Riguardo alle infestanti, le rotazioni riescono a controllare il loro sviluppo massiccio, soprattutto per quanto riguarda il Solanum nigrum, specie particolarmente diffusa e dannosa per il pomodoro.

In generale, quindi, si è visto come la vigoria, la sanità e la resistenza ad agenti di malattia e di danno, sia legata ad una corretta pianificazione della pratica della rotazione.

Nelle aree meridionali, il pomodoro può essere inserito in rotazione con il frumento, ortaggi diversi, leguminose da granella o da sovescio e maggese.

Sono da evitare, a breve distanza temporale, specie appartenenti alla famiglia delle solanacee (patata, peperone, melanzana). In particolare, è importante che la coltura non ritorni sullo stesso appezzamento prima di quattro anni, al fine di evitare l’insorgenza di malattie quali fusariosi e verticillosi.

Trattandosi di una coltura a ciclo primaverile-estivo, un’ottima precessione per il pomodoro è l’erbaio misto, sia in funzione della copertura del terreno nei mesi autunnali, sia come sovescio per la fertilizzazione verde.

 

Consociazioni
Esistono segnalazioni di effetti positivi riscontrati dalla consociazione del pomodoro con alcune colture. In particolare, è stato osservato che gli essudati radicali del pomodoro, sembrano favorire la crescita del sedano.

Favorevole appare anche la consociazione pomodoro-prezzemolo e quella con il cavolo, utile in quanto contribuisce a tenere lontana la cavolaia.

A tal riguardo, nel mese di luglio si possono mettere a dimora le piantine di cavolfiore tra le file del pomodoro in modo da ottenere piante già ben sviluppate al momento dell’asportazione della coltura principale.

Altre consociazioni favorevoli sono state osservate con: spinacio, ravanello, cima di rapa, porro, menta, lattuga, cicoria, aglio e fagiolino.

 

Scelta delle cultivar


Utilizzare cultivar resistenti ai vari fattori biotici e abiotici, con elevata rusticità e maggiore efficienza nell’utilizzare le risorse idrico nutrizionali del terreno costituisce un ottimo punto di partenza per ottenere colture in equilibrio con l'agro-ecosistema dell'ambiente di coltivazione.

Nel caso specifico del pomodoro, i criteri che devono guidare nella scelta delle cultivar riguardano:

-         ridotto accrescimento della pianta che comporta un minor impiego di sostanze nutritive e di apporti idrici per il raggiungimento della fase produttiva;

-         apparato radicale efficiente anche in condizioni di risorse idriche limitate;

-         copertura fogliare contenuta ma sufficiente a proteggere i frutti dalle forti insolazioni;

-         capacità di sopportare forti stress termici durante l'allegagione, caratteristica da ricercare soprattutto in vecchie cultivar presenti nei vari areali di coltivazione;

-         resistenza alle principali avversità;

-         rusticità e quindi bassa esigenza in sostanze nutritive e acqua, anche a discapito della potenzialità produttiva;

-         precocità di maturazione: un ciclo produttivo più corto si traduce in minori richieste in elementi nutritivi ed acqua da parte della coltura;

-         possibilità di attuare semine e trapianti in maniera scalare per programmare le raccolte secondo le esigenze di mercato;

-         elevata serbevolezza dei frutti.

 

Nelle zone meridionali, la coltivazione è orientata verso cultivar locali tipo Fiaschetto, Barletta, a grappoli da inverno, Principe borghese, Cuor di bue, Roma VF, Marmande VF, San Marzano, che, oltre ad essere molto apprezzate dai consumatori, offrono buone prestazioni agronomiche.

Interessanti sono anche cultivar di recente introduzione, per lo più ibridi F1, che offrono maggiori garanzie di resistenza alle malattie ed alti livelli di produttività (Jama, Yuri, Esperanza, Madrila, Erminia, Tradiro, Bonny, Perfectpeel).

Come si potrà dedurre dalle descrizioni proposte, non esiste un pomodoro perfetto, ideale, ma esistono numerose cultivar vecchie e nuove che rispondono a finalità diverse, adatte a diversi tipi di coltivazione, etc.

Quello che deve essere ben chiaro è che è importante poter disporre sempre del più ampio numero di cultivar esistenti garantendo, con il loro impiego, la loro stessa sopravvivenza e perpetuazione.

 

Impianto
La scelta delle tecniche di impianto più idonee per la coltura del pomodoro, costituisce una delle fasi alle quali bisogna prestare più attenzione nella coltivazione biologica.

In tale fase, infatti, si pongono le premesse per ottenere una coltura esente da problemi fitosanitari e con un giusto vigore vegetativo.

Una corretta preparazione del letto di impianto si ripercuote in maniera significativa sulla crescita e sullo sviluppo ottimale della coltura.

Una corretta esecuzione di questa operazione, infatti, mette in condizioni la coltura, sia seminata che trapiantata, di accrescersi velocemente e di acquisire subito una vigoria tale da renderla meno sensibile agli attacchi parassitari, alle infestanti, agli stress idrici.

La lavorazione principale, deve avere la funzione di favorire l’abitabilità del suolo da parte dell’apparato radicale della pianta ma, al contempo, deve essere molto rispettosa della struttura del terreno e, in generale, delle sue condizioni chimico-fisiche.

Pertanto, la pratica da seguire deve essere quella dell’aratura a doppio strato.

Essa comprende una scarificatura profonda 50-55 cm, seguita da un’aratura superficiale di 20 cm.

La scarificatura raggiunge il risultato migliore solo se si interviene su terreno sufficientemente asciutto; in questo caso non si formeranno solo delle fessure verticali, ma si sgretolerà anche il terreno delle parti laterali a quelle dell’organo scarificatore.

Per rendere maggiormente efficace tale pratica, occorre che la rotazione precedente abbia previsto l’alternarsi di colture con diversa capacità di approfondimento e differente conformazione degli apparati radicali.

L’epoca di esecuzione di queste operazioni è senz’altro l’autunno, scegliendo il momento opportuno ed effettuando la scarificatura con terreno asciutto.

In primavera, poi, vanno effettuate tutte le operazioni complementari che consistono in un’erpicatura molto leggera che permetta lo sminuzzamento delle zolle.

A questo proposito, far precedere il pomodoro da una coltura che si raccoglie in estate, quale può essere un cereale, o ad una che libera il campo nella tarda primavera, quale può essere un erbaio misto, permette agevolmente di rispettare i tempi di esecuzione delle operazioni alle quali si è accennato.

Se necessario, il terreno deve essere prima di tutto livellato. Allo scopo di evitare fenomeni di ristagno che sono sempre dannosi per la coltura, è importante prevedere la conservazione di un’efficace rete che può essere composta da fossi di scolo lungo la testata dell’appezzamento e scoline preparate lateralmente.

Il pomodoro può essere seminato direttamente in campo, oppure può essere trapiantato utilizzando piantine, allevate con pani di terra, quando hanno raggiunto un’altezza di circa 15 cm.

Tra le due tecniche, quella del trapianto risulta senza dubbio quella più raccomandabile, purché le piantine siano state ottenute in contenitori alveolari o singoli e, successivamente, messe a dimora con le radici avvolte ancora nel cubetto di torba utilizzata come substrato.

Il semenzaio in piena terra non è raccomandabile, in quanto comporterebbe la messa a dimora di piantine a radice nuda, particolarmente soggette a scarso sviluppo dell’apparato radicale e conseguente stress idrico e nutrizionale.

In generale, il trapianto consente di:

-         ridurre il costo del seme soprattutto in caso di impiego di cultivar ibride;

-         impiantare la coltura più in ritardo e quindi applicare, in caso sia necessario, con più efficacia la falsa semina;

-         impiantare la coltura in campo in uno stadio fenologico più avanzato e quindi maggiormente competitivo nei confronti dei diversi patogeni o agenti di danno (infestanti, funghi eccetera);

-         evitare le operazioni di diradamento delle piantine.

In conduzione biologica, situazione nella quale è importante salvaguardare prima di tutto le risorse presenti nel terreno (acqua, elementi nutritivi), è opportuno non impiantare la coltura con una densità elevata. Questo consente anche di creare condizioni di maggiore aerazione tra le piante e quindi un microclima naturalmente sfavorevole al proliferare di patogeni.

In modo indicativo e, in dipendenza dell’accrescimento delle diverse cultivar, per il pomodoro da mensa si può prevedere l' impianto a file semplici distanti 100-120 cm e 40-50 cm sulla fila.

La scelta dell’epoca d'impianto deve considerare le esigenze termiche della coltura e i parametri climatici del periodo nel quale il pomodoro svolgerà il suo ciclo.

In particolare, appena le temperature primaverili cominciano a stabilizzarsi e quindi ad aumentare, conviene che si impianti subito la coltura anche se, in caso di trapianto, l’operazione può avvenire più in ritardo rispetto alla semina.

Occorre, comunque, non spingersi troppo verso l’estate, in quanto la presenza della coltura nei mesi più torridi, richiederebbe un eccessivo quantitativo di acqua ed impoverirebbe di molto il terreno dal punto di vista del contenuto idrico.

Una coltura, invece, il più possibile anticipata, permette una migliore ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse idriche naturali.

Durante l'allevamento in vivaio, è opportuno razionalizzare l'uso dell'acqua, per favorire l'indurimento delle piantine che, quando saranno trapiantate in piena aria, sopporteranno meglio eventuali situazioni di disponibilità idrica non sempre ottimale.

Se le acque di irrigazione sono particolarmente saline o in presenza di un’annata particolarmente siccitosa per cui il terreno non presenta una buona riserva di acqua, può essere più utile effettuare la semina diretta, stando attenti a farla nei tempi opportuni e con cultivar precoci; in questo caso, infatti, si rende più difficile una eventuale "crisi di trapianto”" particolarmente rischiosa in presenza di terreno salino. Inoltre, ne verrebbe favorito l'approfondimento radicale, con conseguente miglior utilizzo di risorse idriche e nutritive contenute negli strati più profondi.


Gestione della fertilità

Nel programmare la corretta gestione della fertilità del terreno che deve ospitare la coltura del pomodoro, è importante segnalare che questa è il risultato di una serie di scelte agronomiche che, se fatte in modo corretto, consentiranno al pomodoro di accrescersi e di produrre al meglio.

In sintesi, si può dire che il problema fertilizzazione, nella coltivazione biologica è il risultato di una serie di operazioni che vanno ad influire direttamente o indirettamente sulle condizioni di fertilità del terreno.

In particolare, si può agire:

-         eseguendo corrette rotazioni prevedendo leguminose e colture da sovescio;

-         eseguendo arature superficiali, eventualmente completate da discissure profonde (aratura a doppio strato);

-         evitando la compattazione del terreno;

-         mantenendo sempre elevato il tenore di sostanza organica, inserendo anche nella rotazione delle colture da sovescio conservando sempre un adeguato tenore di umidità nel terreno che non deve mai presentarsi completamente secco; a tal riguardo, nella gestione dell’irrigazione, sarà utile prevedere turni irrigui brevi, con volumi ridotti.

Sul piano della disponibilità degli elementi nutritivi, si deve agire sempre prevenendo tutte le cause di impoverimento ed in particolare:

-         limitando le asportazioni, attraverso la riduzione della densità di piante;

-         inserendo nella rotazione precedente le leguminose.

Trattandosi di una coltura a ciclo primaverile-estivo, un’ottima precessione colturale per il pomodoro è l’erbaio misto che, se sovesciato, può fornire fino a 25-30 t/ha di massa verde.

L’altro vantaggio offerto dall’erbaio è la copertura da parte della vegetazione anche nei mesi invernali che favorisce l’infiltrazione nel terreno delle acque meteoriche, riduce i fenomeni erosivi, limita la lisciviazione dell’azoto e di altri elementi nutritivi perché immobilizzati nella pianta e che torneranno al terreno con il sovescio.

Il sovescio, inoltre, pur non apportando grossi quantitativi di fosforo, è in grado di mobilizzare nel terreno fertilizzanti come la fosforite, minerale a lento rilascio di fosforo e soggetta con facilità ai fenomeni di retrogradazione, specie in terreni tendenzialmente alcalini.

Dal punto di vista delle asportazioni di elementi nutritivi, bisogna considerare che essa è funzione delle produzioni di bacche.

Nella tabella si riportano le asportazioni dei principali elementi nutritivi da parte del pomodoro da mensa coltivato in piena aria.

Produzione (t/ha)

Elementi (Kg/ha)

N

P2O5

K2O

CaO

MgO

40

110

25

150

130

-

60

136

55

232

339

36

 

Dai dati della tabella si evidenziano le notevoli esigenze di questa specie in potassio e calcio.
La disponibilità di questi elementi è molto importante per evitare fenomeni di marciume apicale, fisiopatia che si verifica per carenza di calcio a livello delle bacche, determinata o da carenza nel terreno o dalla sua traslocazione preferenziale verso le foglie nelle giornate calde e secche. In questo caso il potassio assume un ruolo molto importante in quanto presiede alla regolazione dell’apertura stomatica e, quindi, alla limitazione della traspirazione che si traduce in un risparmio di acqua ed in un ostacolo al manifestarsi della fisiopatia.

 

Gestione della flora infestante

Le erbe infestanti più diffuse nella coltura del pomodoro sono: Portulaca oleracea, Amaranthus retroflexus, Solanum nigrum, Setaria viridis, Urtica urens, eccetera.

Nella coltura del pomodoro, la presenza delle infestanti determina danni che sono di tipo diretto e indiretto. Tra i primi si segnala la competizione per quanto riguarda l’acqua e gli elementi nutritivi presenti nel terreno che ospita la coltura. In particolare, dal momento che il pomodoro svolge il suo ciclo colturale in un periodo di grande richiesta evapotraspirativa da parte dell’ambiente, il limitare le perdite di acqua dal terreno costituisce un fattore molto importante ai fini dell'accrescimento delle piante e dei frutti.

Dal punto di vista dei danni indiretti, bisogna segnalare la possibilità che hanno molte infestanti di ospitare virus patogeni per le piante di pomodoro.

In generale, comunque, una presenza limitata e controllata di flora spontanea, non può che favorire quella complessità dell’agro-ecosistema che con ogni pratica l’agricoltore biologico deve ricercare; per esempio, la vicinanza dell’ortica, favorisce la crescita del pomodoro, ne aumenta la serbevolezza e ne riduce gli attacchi fungini.

Il controllo pressoché totale della flora avventizia, va attuato solo:

-         quando le piante sono piccole e rischiano di essere completamente sopraffatte dalle infestanti;

-         nel caso siano presenti nel campo infestanti che possono ospitare virus.

In generale, il controllo della vegetazione infestante, nel pomodoro così come nelle altre colture, va fatto mettendo in atto tecniche di controllo preventive e dirette.

Tra le tecniche agronomiche di prevenzione, nel caso del pomodoro, segnaliamo in particolare l’utilizzo della falsa semina e del metodo irriguo localizzato a microportata di erogazione.

La prima è una tecnica attuabile in maniera agevole nel pomodoro, in quanto si tratta di una coltura a ciclo primaverile-estivo.

Pertanto, la preparazione anticipata del letto di impianto seguita, se non sopraggiungono piogge sufficienti, da una o due adacquate per aspersione, distanziate 3-4 giorni con volumi di adacquamento di 150-180 m3/ha, permetterà la germinazione di molti dei semi presenti nel terreno.

Inoltre, il metodo irriguo localizzato lungo la fila, consentirà di bagnare soltanto una striscia di terreno, lasciando l’interfila praticamente asciutta e quindi con terreno in condizioni sfavorevoli alla germinazione dei semi.

Gli interventi diretti più importanti che consentono di contenere l'accrescimento della vegetazione spontanea sono la pacciamatura e la sarchiatura nell’interfila.

 

Operazioni e tecniche agronomiche

Effetti sulle infestanti

Falsa semina

Causa l’emergenza di plantule di infestanti prima di impiantare la coltura.

Questo permette la loro eliminazione con una erpicatura superficiale o con il pirodiserbo.

Irrigazione con metodo localizzato

Consente di umettare solo la fila, lasciando asciutto il terreno nell’interfila e quindi in condizioni sfavorevoli allo sviluppo delle infestanti.

Pacciamatura con film scuri o con

materiale vegetale

Impedisce la crescita delle infestanti in quanto toglie luce alle plantule eventualmente emerse.

Tecnica non valida in presenza di Cyperus spp., Equisetum spp. e Phragmites spp., in quanto queste specie possono oltrepassare agevolmente lo strato pacciamante.

Sarchiatura

Consente l’eliminazione diretta delle infestanti nell’interfila. In condizioni ordinarie e se associata all’utilizzo del metodo irriguo localizzato e alla pratica della pacciamatura, con una sola esecuzione si riesce a controllare la vegetazione infestante nell’interfila per tutto il ciclo.

Prospetto delle principali operazioni e delle tecniche agronomiche che consentono di controllare la vegetazione infestante nella coltura del pomodoro.

 

La pacciamatura consiste nel ricoprire il terreno con materiale di origine naturale (cartone, paglia, trucioli di legno, foglie, segatura, eccetera) o con film plastici neri (polietilene). Tale pratica, oltre a limitare lo sviluppo delle infestanti, consente di regolare l’umidità del terreno e di anticipare leggermente le produzioni.

Il materiale naturale più usato è la paglia o, disponendone in grande quantità, la segatura.
Di gran lunga più utilizzata, è la pacciamatura con film di polietilene. Naturalmente, prima di stendere il telo, il terreno va sistemato per il trapianto e va inserita la manichetta forata dell’impianto di irrigazione.

La pacciamatura può essere praticata a tutto campo oppure solo sulla fila. Nel caso venga praticata su tutto il campo, è possibile utilizzare la paglia o la segatura nell’interfila al fine di consentire un più agevole passaggio delle macchine.

 

Raccolta
Si possono individuare cinque stadi di maturazione:

-         1° stadio: attorno al residuo stilare la buccia assume un alone rosa, caratteristica che appare più marcata sui tessuti al di sotto della buccia;

-         2° stadio: massimo il 30 per cento\ della superficie del frutto assume una colorazione rosa;

-         3° stadio: la bacca ha un colore rosa su una superficie che va dal 30 al 60 per cento;

-         4° stadio: una superficie tra il 60 e il 90 per cento del frutto è di colore rosa-rosso;

-         5° stadio: il colore rosso riguarda oltre il 90 per cento della superficie.

 Il momento della raccolta deve coincidere con il 1° - 2° stadio, ad eccezione delle cultivar che vengono commercializzate quando sono di colore rosso pieno, la maturazione delle quali coincide con il 5° stadio.

Nel 1° stadio, comunque, i frutti hanno una maggiore serbevolezza e possono essere destinati alla conservazione o ad un procedimento di distribuzione commerciale più lungo.

Terminate le operazioni di raccolta e cernita, occorre assicurare una corretta movimentazione e trasporto del prodotto, al fine di contenere al massimo i possibili danneggiamenti.